Nella scuola Italiana le persone con disabilità stanno bene. I bambini ed i ragazzi sono ben voluti, accettati e riescono a trovare un valido supporto che rende loro la la vita più semplice e migliore.
Le famiglie trovano aiuto e tirano un sospiro di sollievo, perché tutto funziona. La sofferenza della mallattia dei figli viene alleviata, perché c’è una comunità scolastica che si occupa e si preoccupa di rendere la vita migliore a tutti, seguendo il principio di inclusione totale.
Su carta, ovviamente, tutto funziona! I nostri sogni puntano all’ideale.
Nella realtà, invece, cosa avviene?
L’impressione è che la scuola faccia molto e, di fatto, in Italia l’azione della scuola è uno dei pochi aiuti che le persone e le famiglie possono ricevere. Concluso il periodo di scolarizzazione, infatti, i disabili ed i loro familiari vengono ancor più lasciati soli (come sottolinea anche il CENSIS).
Tuttavia, anche a scuola resta ancora pregnante il principio che qui viene definito del “minimo inconvenienete”.
Vale a dire che si è ben disponibili ad aiutare finché una patologia o l’intervento farmacologico fanno sì che la persona non disturbi. Al contrario, più una patologia diviene pervasiva e fa sì che la persona richieda attenzione, più viene meno quella disponibilità ad aiutare le persone e le loro famiglie.
Più le situazioni divengono dure, quindi, più le persone vengono lasciate a loro stesse ed isolate (o addirittura maltrattate).
L’autismo è una di quelle patologie in grado di innescare situazioni che forse meglio si collegano a questo principio, perché la persona con autismo in molti casi ci può mettere a dura prova, soprattutto se i contesti sociali non sono adeguatamente pensati per essere funzionali e favorire l’inclusione.
Il rischio minimo più comune, sempre in agguato, è quelo di sovraccaricare pochi volenterosi (AEC, insegnanti di sostegno o volontari, disponibili a dare più di quanto richiesto dal loro ruolo) e di vedere le situazioni precipitare quando questi, per un qualsiasi motivo, non possono essere presenti.
Il rischio maggiore, invece, è di reagire all’autismo ed alla disabilità in genere con veri e propri soprusi (ad esempio, si veda 1, 2 e 3).
Cristian P.