La Direttiva del 27 dicembre 2012 e la C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 hanno contribuito a far lievitare le discussioni attorno ai temi dell’inclusione e dei BES, soprattutto in relazione al contesto scolastico. Per questo motivo, può nascere una domanda spontanea: l’inclusione ed i BES riguardano solo la scuola?
A livello delle attuali indicazioni di legge forse SI ma a livello concettuale e di sviluppo futuro sicuramente NO.
In questo sesto scritto dedicato all’inclusione ed i BES, si cercherà di chiarire il perché di tale risposta.
Attualmente, a livello di legge si parla di inclusione e BES solo in relazione alle politiche della scuola. Nella progettazione inclusiva scolastica, come detto in un articolo precedente, ci si preoccupa appunto di rimuovere il più possibile gli ostacoli che potrebbero penalizzate la vita e lo sviluppo delle persone. Questo viene fatto nel momento che attualmente si considera essere più delicato: il periodo in cui i giovani imparano a diventare uomini e donne che sapranno stare al mondo insieme agli altri ed a partecipare all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (magari questa affermazione può stupire molti, ma anche persone che si trovano in gravissime situazioni di disabilità possono avere un ruolo altamente partecipativo ed importante nella nostra società).
La questione dell’inclusione e dei BES va tuttavia vista in modo più ampio, considerando aspetti normativi (dei diritti) ed esperienziali (dei bisogni che richiedono supporto ed assistenza).
Dal punto di vista normativo, infatti, il perseguimento dell’inclusione può tentare di onorare una promessa fondamentale contenuta nella nostra Costituzione e che, per molti di noi, ha un valore operativo e non solo teorico. Si consideri a riguardo l’Art. 3 (dove la parte in corsivo è stata aggiunta in questo post):
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica – che può agire attraverso la Scuola ma non solo – rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
In quest’ottica, sarà sempre più auspicabile che le questioni dei BES e dell’inclusività (soprattutto) si allarghino oltre il contesto scolastico, coinvolgendo quanti sono fondamentali per il nostro sviluppo sociale:
- organi ed individui orientati allo sviluppo della salute e del benessere;
- organi ed individui orientati allo sviluppo delle politiche sociali;
- organi ed individui orientati allo sviluppo delle pari opportunità (nel senso più ampio del termine);
- organi ed individui orientati allo sviluppo delle politiche e delle pratiche del lavoro;
- organi ed individui orientati alla gestione del flusso di coloro che arrivano nel nostro Paese (turisti, clandestini, emigrati, ecc.).
- ecc. …
Da punto di vista esperienziale, invece, ormai la storia delle nostre crisi periodiche ci insegna che non esiste un unico periodo delicato di vita ma, a modo suo, ogni fase di vita può dare avvio a momenti delicati e di fragilità (si pensi ad esempio a tutte le tragedie che sono state messe in evidenza durante la recente crisi economica).
In un periodo storico come questo, dove si parla della necessità di porsi in un’ottica di apprendimento lungo l’intero arco di vita, possiamo benissimo comprendere come ad ogni età ed in ogni contesto ci possa esssere la necessità di educare e di essere educati (non solamente di formare ed essere formati) e, di conseguenza, possiamo comprendere come tutti possano presto o tardi avere bisogni educativi, anche speciali, durante l’intero arco di vita. Per fare alcuni esempi chiarificatori, è impossibile non riconoscere quanto sia importante a tutte le età imparare ad imparare per poter:
- far fronte ai cambiamenti tecnologi e non essere tagliati fuori o divenire consumatori inconsapevoli;
- riqualificarsi dopo un fallimento, un licenziamento o il passaggio da un lavoro ad un altro per mantenere un buon grado di sicurezza economica;
- contribuire ai piani di miglioramento che vengono attuati per il bene della collettività (come possono essere ad esempio quelli legati al reciclo; al risparmio idrico; al rispetto dell’ambiente; alla promozione di rapporti interpersonali positivi o prosociali; ecc);
- far fronte ai cambiamenti di vita che possono, a tutte le età, porci in una situazione di disabilità (presto o tardi può capitare a tutti di vivere una situazione di limitazione fisica o psichica, soprattutto nella terza età);
- ecc. …
La scuola, dunque, può essere considerata uno strumento utile per contribuire al cambiamento radicale della nostra società ed al supporto del benessere dei cittadini ma, di certo, non è l’unico né il solo strumento che serve e servirà, soprattutto se si ragiona tenendo conto di una visione longitudinale di sviluppo sociale che guardi al futuro.
Ecco perché la questione dell’inclusione e dei BES non può essere relagata nel solo contesto scolastico.
La questione dell’inclusione, perciò, sarà sempre più connessa con la garanzia dei diritti umani e con la coesistenza, senza mettere da parte l’assistenza (o se si preferisce il supporto sociale) ogni qual volta ve ne sia bisogno. La strada ovviamente è ancora lunga, ma il processo iniziato ormai da anni sembra ora essere più visibile e più concreto grazie alla scuola.
Il discorso, ovviamente, andrà considerato per tutti (andranno inclusi anche coloro che hanno potenzialità enormi o sono plusdotati ma non sono in condizione di trovare un loro posto nella società). Il tentativo graduale sarà quello di tenere in forte considerazione le differenze individuali, le eterogeneità e le necessità, per arrivare a garantire a ciascuno ciò di cui ha bisogno, per arrivare piano piano ad approcci il più possibile personalizzati per tutti, in base ai personali ed unici progetti di vita, ogni qual volta sarà necessario promuovere lo sviluppo di competenze.
Un caro saluto.
Cristian Pagliariccio 🙂