Parlando con le persone e leggendo ciò che si diffonde nella rete (proteste, petizioni online e quant’altro), a volte sembra che si stiano affrontando questioni aliene o novità sconcertanti quando si parla di inclusione e BES (bisogni educativi speciali).
Questo terzo articolo sull’inclusione e sui BES, quindi, tenta di rispondere alla seguente domanda: l’inclusione ed i BES sono veramente una novità per la scuola Italiana?
Volendo mantenere un pricipio di brevità, si può rispondere a questa domanda dicendo che:
- a livello di finalità ultima l’inclusione ed i BES non sono una novità;
- l’inclusione ed i BES sono una novità parziale a livello di applicazione;
- l’inclusione e i BES possono apportare benefici a tutti.
A livello di finalità ultima l’inclusione ed i BES non sono una novità
Escludendo le scuole del Trentino (dove dal 2006 è in vigore una legge provinciale sui BES), va sottolineato che in molte realtà italiane, pur mancando un rispetto formale e formalizzato dell’attuale normativa, l’attenzione all’inclusione ed ai BES è viva già da anni.
In molte realtà gli insegnanti operano già in maniera piuttosto conforme alla normativa, mostrando attenzione umana e didattica agli alunni ed agli studenti, per supportare il successo scolastico di tutti.
Di fatto, la finalità ultima di questa normativa resta sempre il benessere di tutti.
Il modo in cui questo si dovrebbe realizzare, invece, viene individuato più in un sistema collaborativo esplicito che in un sistema individualistico dove la cooperazione viene lasciata allo sforzo di alcuni.
La finalità resta sempre fare in modo che avvenga ciò che dovrebbe avvenire in una comunità umana che si rispetti.
Dunque, coerentemente con il passato, si tenta di fare in modo che tutti possano avere il trattamento di cui hanno bisogno.
I problemi sorgono laddove tale attenzione non esiste e, per vari motivi, si dimenticano le sfumature della normativa, restando ancorati agli aspetti formali (non si fa ciò che la normativa non obbliga a fare in maniera esplicita). Le varie manifestazioni di protesta che potranno nascere a riguardo, sottolineranno solo quanto, nonostante le parole che spendiamo, questa idea di benessere nell’apprendimento per tutti sia ancora lontana dal realizzarsi.
L’inclusione ed i BES sono una novità parziale a livello di applicazione
Per tentare di comprendere meglio, facciamo un esempio chiarificatore considerando il ruolo degli insegnanti di sostegno.
In Italia, anche se giustificati dalla presenza di persone che hanno una diagnosi di disabilità, sulla base della legge 104/92, gli insegnanti di sostegno sono pensati come insegnanti di sostegno alla classe, salvo casi specifici in cui vi è una sentenza che stabilisca il rapporto 1 a 1 tra l’insegnante e l’alunno o lo studente, a causa di particolarissime situazioni.
In questo caso, l’idea dell’inclusione e dei BES vuole chiarire un cambiamento culturale pratico già iniziato da anni.
Tale cambiamento ha lo scopo di stimolare un’azione pratica, rivolgendosi agli insegnanti curriculari (delle materie) e chiedendo anche a loro di prendersi cura dei più deboli, progettando le lezioni tenendo conto di tutti (del resto in molte realtà d’Italia ciò avviene già).
Lo scopo non è quello di togliere il lavoro agli insegnanti di sostegno (come a volte si sente vociferare) ma, semplicemente, mettere al centro di tutto le persone (tutte), riconoscendo che dovrebbe essere l’intero sistema a prendersene cura, per stimolarne una crescita e garantire a tutti il più elevato livello di autonomia e partecipazione possibile.
Per fare questo, la normativa sui BES chiede agli insegnanti, in quanto esperti di progettazione didattica, di compiere progettazioni adeguate a tutti, non solo ad alcuni.
Quali sono i vantaggi?
Chiedere a tutti di partecipare significa fare in modo che gli insegnanti di sostegno (che dovrebbero essere specializzati) siano impegnati diversamente e si possano staccare dalla logica di rapporto 1 a 1, quando questa logica non è necessaria o, addirittura, in alcuni casi è controproducente (ove stimoli dipendenza dell’allunno o dello studente ad una persona, anche quando questo non è necessario).
L’insegnante di sostegno può quindi essere messo in condizione di operare nel modo in cui è già previsto dalla nostra normativa scolastica: per supportare l’intera classe, agendo sul contesto in modo da renderlo inclusivo.
D’altro canto, chiedere all’insegnante di sostegno di intervenire anche rispetto ad altre situazioni è utile per stimolarne il ruolo attivo di docente esperto, concretamente a supporto dell’intera classe.
L’insengnate di sostegno può offrire questa visione di insieme, se non viene sovraccaricato, e può aiutare a promuovere il benessere in classe di tutti, colleghi inclusi.
L’inclusione ed i bes, non nascono per sovraccaricare specifici professionisti ma per tenere in considerazione le esigenze di tutti gli alunni e studenti, considerando che i rischi di fallimento e le problematiche “invalidanti” possono essere molte.
L’augurio, dunque, è che vi siano le condizioni necessarie per l’applicabilità della normativa o che, in mancanza di questo, tutti collaborino per crearle (ricordandoci sempre del fatto che gli insegnanti non sono macchine).
Mi auguro, inoltre, che andando avanti non esistano più gli insegnanti di sostegno ma che tali professionisti si trasformino in Insegnanti Coordinatori dell’Inclusione, soprattutto considerando che rispetto ai colleghi hanno una visione diversa ed unica.
Gli insegnanti di sostegno, infatti, conoscono il funzionamento della classe nelle diverse situazioni ed in rapporto ai diversi docenti (il comportamento ed il funzionamento della classe, infatti, variano in base al docente ed alla materia e spesso non si riesce ad avere una visione d’insieme).