Il MIUR ha recentemente emanato varie indicazioni che affrontano l’inclusione e i BES a Scuola. Le indicazioni sono raccolte nello spazio per i DSA. Si tratta di un’azione impropria, perché i DSA rientrano nei BES e non il contrario. Tuttavia, è pur sempre un’azione positiva, che aiuta a promuovere la cultura dell’inclusione.
Poichè da anni ritengo che la questione sia importante, ho pensato di iniziare una serie di articoli esplicativi sui temi dell’inclusione e dei BES a scuola, in modo da orientare anche i non addetti ai lavori.
Questo primo articolo tenta di rispondere alla seguente domanda: cosa significa inclusione.Il discorso richiederebbe un trattato ma cercherò di essere breve.
Come comprendere il concetto di inclusione?
Il concetto di inclusione parte dalle idee di salute dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e si focalizza sul ruolo dell’ambiente come elemento che può incidere positivamente sulla vita delle persone.
Nell’inclusione viene dato un rolo centrale alla progettazione dei contesti.
Per capire in modo intuitivo il modello dell’OMS possiamo prendere come riferimento un bambino di tre anni (una persona autonoma ma non troppo).
Le progettazioni, quindi, andrebbero fatte in modo che anche un bambino di tre anni possa essere al sicuro e vivere al meglio senza supporto di un adulto.
Questa visione offre enormi vantaggi anche per chi non è più bambino ma ha esigenze che richiedono attenzione (disabilità, limitazioni fisiche temporanee dovute ad un incidente o a bisogni legati alla gravidanza, una condizione legata all’anzianità, ecc.).
Come applicare il concetto di inclusione a scuola?
Nel caso della scuola, possiamo considerare l’inclusione come il tentativo di:
- progettare e organizzare gli ambienti di apprendimento e le attività, in modo da permettere a ciascuno di partecipare alla vita di classe ed all’apprendimento, nella maniera più attiva, autonoma ed utile possibile (per sè e per gli altri).
- insegnare a tutti gli studenti a far parte e costruire in modo attivo una società umana che rispetta se stessi e gli altri, avendo a cuore il benessere di tutti.
L’idea è avere una comunità in cui imparare sperimentandosi.
In questa comunità, dunque, si può imparare insieme e ci si prende cura gli uni degli altri (anche gli studenti possono imparare a far questo nei confronti dei loro insegnanti e dei loro compagni).
Cosa cambia rispetto all’integrazione?
Nell’integrazione si fa distinzione tra la persona con disabilità e la persona senza disabilità.
L’obiettivo principale è intervenire sulla persona con disabilità, per migliorarne le condizioni di vita. Spesso questo rischia di avviare interventi che comportano accanimento educativo o terapeutico.
Gli interventi finatamente inclusivi, dunque, possono essere riconosciuti da queso: anche se sono chiamati inclusivi, si focalizzano unicamente o prevalentemente sulla persona, per intervenire su di essa.
Nell’inclusione, invece, si considera che siamo tutti persone. Per questo, si riconosce che:
- siamo tutti diversi (ognuno ha i propri bisogni e caratteristiche);
- abbiamo tutti lo stesso valore e, per questo, gli stessi diritti di partecipazione ed autonomia.
Per questo, l’obiettivo principale è intervenire sulle culture e i contesti.
Il miglioramento delle condizioni di vita viene garantito dal fare in modo che che, quanto più è possibile, ciascuno possa svolgere attività e partecipare autonomamente.
Come viene considerata la diversità?
Per comprendere meglio, facciamo un esempio: una persona presenta una disabilità che le rende difficile calcolare.
Nell’integrazione la diversità è considerata come un qualcosa che definisce la persona e va ridotto.
L’approccio è focalizzato sul deficit della persona.
Se siamo orientati ad integrare la persona, tenteremo quindi di insegnargli a calcolare.
Questo tipo di intervento, tuttavia, potrebbe non dare alcun beneficio e rendere la persona autonoma dopo un tempo troppo lungo, rischiando di farle perdere esperienze di vita importanti per il suo sviluppo.
Nell’inclusione la diversità è considerata come un qualcosa che è penalizzata dall’ambiente e va favorita.
Il lavoro è progettato in modo che tutti siano quanto più possibile trattati in modo diverso, in base a quelle che sono le proprie necessità.
Riprendiamo l’esempio di prima.
Con l’inclusione, l’intervento consisterà nell’insegnare alla persona ad usare una calcolatrice. In questo modo, anche se la disabilità rende difficile un compito, la funzione del calcolo sarà possibile e la persona potrà raggiungere una maggiore autonomia in tempi più brevi.
Con i suoi tempi, la persona potrà sempre provare a migliorare le proprie capacità di calcolo, tuttavia, non sarà tagliata fuori dalle attività se non riesce a calcolare (o fino a quando non riuscirà a farlo).
Con l’ottica dell’inclusione, quindi, la Scuola può compiere un salto evolutivo, passando dall’istruire al fare cultura (dell’inclusione appunto).
Cristian Pagliariccio
prima di leggere questo articolo ero completamente ignorante rispetto all’argomento.ora le idee sono molte chiare e grazie perche’ho imparato molto.
Ne sono felice! Grazie! 🙂
ne sono felice ?……Grazie
bello , grazie
È un articolo molto semplice ma ricco di valori.Credo che tutti abbiamo bisogno dell inclusione,ognuno nellaambiente in cui vive ciò che apparentemente potrebbe sembrare diverso in realtà non lo è basta guardare l atro come se guardassi a te stsso avendone cura e stima.Se cosi fosse l egoismo non avrebbe più dimora.
E’ bello poter sapere gli infiniti significati sociali della parola ‘inclusione’, e di questo la ringrazio, ma sono triste perché chi l’ha coniata non ha pensato alla gente qualsiasi e sinceramente il termine è confusivo, spazia dalla povertà, all’handicap (ma quale e fino a che punto?), ai bisogni speciali di ogni individuo che non devono essere generali ma particolari … chi ha deciso così forse viene dall’isola di Utopia, mi spiace anche per lui/lei come persona.
Salve, ho trovato quanto scritto qui molto interessante vorrei sapere se ha dei riferimenti bibliografici personali o testi dai quali ha tratto ispirazione in quanto vorrei citarla in un mio elaborato
Grazie per l’apprezzamento.
Gli scritti sono originali e possono essere citati nella sitografia.
Ho risposto in modo più approfondito nell’email indicata.
Un caro saluto! 🙂