Comportamento morale e comportamento prosociale: che differenza c’è?

pensiero_moraleIn questo periodo storico, in cui la globalizzazione favorisce la mescolanza di etnie, culture, ideologie e fedi religiose, nascono ogni giorno nuove sfide legate al bisogno di coesistenza. In questo clima, trovare un equilibrio ed una nuova organizzazione funzionale non è semplice ed il rischio di fraintendimenti è sempre possibile. Ad esempio, in Italia ci sono state varie polemiche sui crocifissi in classe, considerati per un periodo una violazione dei diritti umani e, successivamente, reintegrati dalla Corte di Strasburogo.

L’accostamento tra il comportamento prosociale e quello morale va chiarito, dunque, per evitare confusioni. Ultrasemplificando, infatti, molte persone tendono a considerare i due tipi di comportamento come sinonimi o, addirittura, identici. Anche alcuni ricercatori tendono a vedere forti somiglianze, soprattutto perché vi sarebbero delle congruenze nello sviluppo delle capacità di pensiero morale e prosociale nei bambini [1].

Tuttavia, di seguito sarà possibile evidenziare che i due tipi di comportamento sono molto diversi tra loro.

 

Il comportamento morale

Il comportamento morale è definito come la capacità di agire attraverso un’azione motivata moralmente e cognitivamente [2]. Da questo, si può subito notare come l’attenzione nello studio del comportamento morale sia focalizzata sulla capacità della persona di operare in maniera cosciente e coerente con i propri principi morali (connessi anche con il credo religioso), in base alla maturità mentale e morale acquisita. Per questo, quando da un punto di vista psicologico si parla di comportamento morale, si fa riferimento a due elementi:

  1. le capacità di pensiero morali dell’individuo (dipendenti dal livello di maturità morale raggiunto);
  2. le capacità dell’individuo di gestire i propri comportamenti in maniera tale da renderli coerenti con il proprio pensiero morale.

Con queste caratteristiche di definizione, potrebbe essere difficile per un osservatore esterno determinare se un comportamento sia morale oppure no.

Anche nel caso in cui una persona affermi che i propri comportamenti siano moralmente orientati, le sue vere intenzioni potrebbero comunque restare dubbie a causa del fatto che non sono escludibili possibili menzogne stimolate da una gran varietà di motivi che, comunque, nulla tolgono al valore del gesto compiuto, se tale gesto va a buon fine e reca beneficio all’altro.

Ad esempio, se un insegnante vede un bambino condividere un pezzo del suo spuntino con un compagno che non ha niente da mangiare, non può determinare con certezza se il bambino abbia compiuto o meno un’azione moralmente orientata. Se parlando con l’insegnante il bambino dicesse che ha condiviso il cibo con il suo compagno perché si sente buono e questo fa parte delle proprie credenze religiose, nulla può dimostrare con certezza che non ci sia un tentativo di farsi ben vedere dall’insegnante o che il comportamento sia moralmente motivato. Inoltre, è sempre possibile che il bambino abbia condiviso lo spuntino con il suo compagno perché abituato a fare così, senza pensarci troppo sopra. È quindi chiaro che il bambino potrebbe essere stato spinto da fattori dei quali solo lui (forse) può esserne a conoscenza [3].

 

Qali differenze tra i due comportamenti?

La breve spiegazione offerta poc’anzi, se pur molto semplicistica, è comunque sufficiente per evidenziare le fondamentali distinzioni che esistono tra il comportamento prosociale e quello morale.

Infatti, se è vero che il comportamento prosociale può essere in alcuni casi moralmente motivato [4], è anche vero che esistono casi in cui il comportamento prosociale si innesca per questioni legate ad alcuni tipi di empatia [5], ad un tentativo di miglioramento dell’immagine di sé, a risposte istintive che non hanno una connessione con il proprio pensiero morale, o altro. Tali motivazioni sono sicuramente diverse da quelle morali ma, come detto, non per questo sviliscono il valore dell’azione prosociale compiuta e/o ricevuta.

Inoltre, il comportamento morale rischia spesso di dimenticarsi delle persone. In nome della moralità, infatti, non è raro vedere compiere azioni che arrecano danno all’altro.

Il comportamento prosociale, quindi, ha meno pretese del comportamento morale (non pretende di essere una cosa nobile e giusta) ma offre garanzia di maggiori risultati congruenti con le situazioni e non le ideologie (la persona che vuole compiere un comportamento prosociale si pone come obbiettivo di fare qualcosa di positivo per l’altro).

Anche dal punto di vista delle pratiche educative i due comportamenti sono molto differenti. L’educazione dei comportamenti moralmente orientati sarà focalizzata sul ragionamento e sulla valutazione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato (in alcuni casi, ad esempio, tale valutazione ammette la vendetta o l’ignorare l’altro perché “chi è causa dei suoi mali pianga se stesso”).

L’educazione dei comportamenti prosociali, invece, è più fondata sulla pratica ed è centrata sul fare esperienza di negoziazione (comprendiamo insieme cosa serve e cosa può essere offerto), di azioni pratiche e di valutazioni costanti dell’effetto sortito dal proprio comportamento rispetto ad un obiettivo stabilito (ha avuto un esito positivo per l’altro?).

 

Concludendo

In base a quanto visto, il comportamento prosociale si può diversificare da quello morale in quanto può essere motivato da ragioni istintive o, anche se non richiede un compenso, può nascere da ragionamenti fondati sulla logica della convenienza (inclusa la volontà di rendere il contesto sociale migliore e, così facendo, avere alla lunga meno problemi e vivere meglio). Presupposti, questi ultimi, che di morale hanno ben poco o nulla e, nonostante ciò, possono sortire comunque un effetto benefico sul ricevente di un’azione positiva.

Quando si origina da pensieri moralmente orientati, inoltre, il comportamento prosociale non dimentica di garantire il benessere di tutte le persone coinvolte.

Anziché utilizzare i due tipi di comportamento come sinonimi, dunque, può essere più chiaro affermare che il comportamento prosociale in alcuni casi può essere moralmente orientato ma, fondamentalmente, può essere realizzato indipendentemente dalla propria cultura di appartenenza o credo religioso.

Cristian P.


[1] MUSSEN, P., & EISENBERG, N. (2001). Prosocial development in context. In A. C. BOHART, & D. STIPEK (Ed), Constructive & destructive behavior. Implications for family, school, & society, (pp. 103-126). Washington, DC: American Psychological Association.
[2] ROTTSCHAEFER, W. A. (2000). Biologia e psicologia dell’azione morale. Milano: McGraw-Hill p.12).
[3] Personalmente, al di là di impostazioni scientifiche e di ricerca, ritengo che nella vita quotidiana sia bello fidarsi ed accettare le cose piacevoli così come vengono presentate, senza stare troppo a fare elucubrazioni ed infierire su di esse. A livello pratico, infatti, molte vittime di aggressioni sarebbero comunque felici di essere aiutate da chi cerca di farsi pubblicità in maniera alternativa, piuttosto che essere abbandonate da persone che non si sentono profondamente disponibili e, per questo, cercano di comportarsi in maniera coerente con le proprie idee. Un buon atto di aiuto è sempre apprezzato.
[4] MUSSEN, P., & EISENBERG-BERG, N. (1985). Le origini delle capacità di interessarsi, dividere ed aiutare. Lo sviluppo del comportamento prosociale nel bambino. Roma: Bulzoni editore.
[5] BATSON, C. D. (1991). The altruism question: toward a social-psychological answer. Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.

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