È una domanda che si collega a una visione “nuova” del lavoro sul bullismo, che si tenta di far passare a livello culturale sin dal 1948. In questo periodo storico, infatti, l’OMS ha stabilito che il lavoro sul benessere va oltre l’eliminazione della malattia. La salute richiede un’attenzione a livello biologico, psicologico e sociale.
Questa domanda nasce perché il prossimo mese ci sarà la Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. L’impressione, però, è che i nostri approcci siano ancora troppo focalizzati su ciò che si teme (il bullismo) e poco attenti a ciò che si dovrebbe costruire (la prosocialità), soprattutto in ottica di promozione del benessere.
Ci sono ricerche che giustificano un cambio di visione negli interventi che vogliono azzerare il bullismo?
Esistono numerose ricerche che sottolineano la validità di questo approccio, anche per quanto riguarda lo sviluppo di comportamenti sociali adeguati.
Una delle più recenti ha effettuato uno studio longitudinale che ha coinvolto 914 persone (48% bambini e 52% bambine).
Nel 4° anno della scuola primaria, le ricercatrici hanno sottoposto i/le partecipanti ad uno studio, classificandoli/e in base alle loro caratteristiche:
- bassa prosocialità (18%);
- principalmente amichevole, dove la persona collaborava se coinvolta (8%);
- principalmente gentile (7%);
- alta prosocialità (67%).
Non è stato fatto alcun intervento da parte delle ricercatrici e le classificazioni non sono state comunicate agli adulti.
Dopo 2 anni, al primo anno di scuola secondaria di primo grado, le stesse persone sono state rivalutate per capire come erano cresciute.
Cosa è emerso rispetto al bullismo e alla prosocialità?
Dalle analisi è emerso che coloro che avevano mostrato una bassa prosocialità avevano una maggiore tendenza a vittimizzare i pari, compiendo atti di bullismo e escludendo socialmente gli altri.
Chi era principalmente amichevoli, invece, mostrava una maggiore aggressività generale e relazionale rispetto a chi era inizialmente gentile o a chi mostrava un’alta prosocialità.
Sembrerebbe, quindi, che è poco prosociale o amichevole sia più a rischio di sviluppare problemi di prepotenza con i coetanei.
Coloro che si mostravano gentili o con un’alta prosocialità, tendevano a mostrarsi costanti. Di conseguenza, risultavano essere maggiormente protetti rispetto allo sviluppo di tendenze e comportamenti legati al bullismo.
Come usare questi risultati legati al bullismo e alla prosocialità?
Basandosi sui dati raccolti, la ricerca suggerisce che gli interventi prosociali preventivi possono favorire lo sviluppo di relazioni positive con i coetanei nella prima adolescenza (riducendo di conseguenza il bullismo).
Questi risultati sembrano essere importanti, perché sottolineano il ruolo delle azioni che favoriscono un atteggiamento prosociale attivo a scuola.
Inoltre, sono in linea con le Indicazioni Nazionali per la scuola del primo ciclo del nostro Paese. In esse, infatti, si indica la necessità di favorire l’esercizio della prosocialità.
Dunque, sarebbe utile iniziare a sognare una Giornata Nazionale Per La Prosocialità e non solo contro il bullismo!
RIFERIMENTI
MA, T.-L., ZARRETT, N., SIMPKINS, S., VANDELL, D. L. & JIANG, S. (2020). Brief report: Patterns of prosocial behaviors in middle childhood predicting peer relations during early adolescence. Journal of Adolescence, Vol. 78, pp. 1-8. DOI: 10.1016/j.adolescence.2019.11.004.
MIUR (2018). Indicazioni Nazionali e nuovi scenari. p. 15.
WORLD HEALTH ORGANIZATION (1948). Constitution of the World Health Organization, p. 1.